Quanto durano in media le protesi al seno?
Le protesi mammarie moderne sono progettate con materiali avanzati, come silicone coesivo o soluzione salina, che garantiscono una lunga durata.
Spesso, i produttori indicano che possono durare tra 10 e 20 anni, ma questo non significa che vadano necessariamente sostituite entro quel periodo.
In molti casi, possono durare anche per tutta la vita.
La durata dipende da vari fattori, come lo stile di vita della paziente, l’anatomia del seno e l’eventuale insorgenza di complicanze.
Sebbene le protesi siano resistenti e stabili, è possibile che, con il tempo, subiscano un certo grado di usura o che si verifichino cambiamenti naturali nel tessuto circostante, rendendo consigliabile una sostituzione.
Tuttavia, non c’è una regola fissa e l’usura delle protesi non è prevedibile. Le visite di controllo periodiche con il chirurgo plastico sono essenziali per monitorare lo stato delle protesi e determinare se sia necessario un intervento.
Le protesi sono tutte uguali?
Non tutte le protesi mammarie sono uguali. Sebbene abbiano in comune un guscio esterno in silicone, la superficie di questo guscio può variare significativamente e influire sull’intervento e sul risultato finale. Le principali tipologie di protesi si distinguono per la loro superficie:
- Lisce (incluso nanotesturizzate): sono le più facili da gestire chirurgicamente, richiedono incisioni più piccole e sono associate a una minore resistenza al posizionamento durante l’intervento. Grazie alla loro superficie liscia, si adattano meglio ai piccoli spazi e hanno un rischio minore di danneggiarsi durante l’inserimento. Tuttavia, sono più suscettibili a muoversi all’interno della tasca mammaria, poiché la superficie non aderisce ai tessuti circostanti.
- Microtesturizzate: presentano una superficie leggermente ruvida che offre una migliore aderenza ai tessuti circostanti. Questo può ridurre il rischio di spostamento della protesi e di rotazione in alcuni casi, rendendole una scelta popolare per chi cerca maggiore stabilità.
- Poliuretaniche: sono rivestite da una schiuma di poliuretano che permette un’aderenza ancora più forte ai tessuti. Questo tipo di protesi richiede incisioni più lunghe e può risultare più complicata da rimuovere entro il primo anno, in quanto si integra più strettamente con i tessuti. Le protesi poliuretaniche vengono spesso scelte in chirurgia ricostruttiva o nei casi in cui è richiesta maggiore stabilità della protesi.
Le protesi rotonde posizionate in sede sottoghiandolare rendono l’effetto più finto?
Esiste un dibattito tra i professionisti riguardo a quale tipologia di protesi e posizionamento offra il risultato più naturale. Tuttavia, la realtà è che ogni corpo è diverso e il risultato dipende da una combinazione di fattori, tra cui la struttura fisica della paziente, la quantità di tessuto mammario preesistente e l’obiettivo estetico del chirurgo. Non è corretto affermare che le protesi rotonde posizionate in sede sottoghiandolare (al di sopra del muscolo) diano automaticamente un effetto più finto. Le protesi rotonde possono risultare naturali, specialmente se scelte con attenzione per rispettare le proporzioni del corpo della paziente e il profilo desiderato.
Inoltre, la tendenza attuale nella chirurgia estetica del seno è quella di minimizzare l’uso del posizionamento sottomuscolare (sotto il muscolo pettorale), poiché con il tempo questo può causare complicanze come il “dynamic distortion”, dove la protesi si muove in modo innaturale quando i muscoli vengono attivati. Per questo motivo, molti chirurghi oggi preferiscono il posizionamento sottoghiandolare, che riduce questi effetti e consente una guarigione più rapida, seppur valutando sempre le esigenze del paziente.
Quali sono le maggiori complicanze delle protesi mammarie?
Le protesi mammarie, come qualsiasi dispositivo medico, comportano alcuni rischi e possibili complicanze. Tra le più comuni ci sono:
- Contrattura capsulare: si tratta di una delle complicanze più frequenti. Dopo l’inserimento della protesi, il corpo naturalmente forma una capsula di tessuto cicatriziale intorno ad essa. In alcuni casi, questa capsula può ispessirsi o irrigidirsi eccessivamente, comprimendo la protesi e provocando dolore, deformità estetiche e, nei casi più gravi, la necessità di rimozione o sostituzione della protesi.
- Waterfall deformity: è un fenomeno estetico in cui la ghiandola mammaria naturale si sposta verso il basso, mentre la protesi rimane in una posizione più alta. Questo accade soprattutto quando il tessuto mammario è poco sostenuto o si verifica una ptosi del seno (caduta del tessuto mammario). Pur non essendo dolorosa, questa condizione richiede spesso una revisione chirurgica per correggere l’aspetto.
- Rippling: è una complicanza estetica caratterizzata dalla comparsa di pieghe o ondulazioni visibili sotto la pelle del seno. È più comune in pazienti con un tessuto mammario molto sottile o nelle protesi posizionate sopra il muscolo. Questo può essere più visibile in alcune posizioni o in certi movimenti del corpo, creando un aspetto irregolare.
- Wrinkling: simile al rippling, il wrinkling si riferisce alla formazione di grinze palpabili e visibili sulla pelle del seno. È più frequente in pazienti molto magre o con poca copertura adiposa sopra la protesi, e può essere influenzato dalla scelta della protesi e dal suo posizionamento.
Le protesi mammarie possono scoppiare in aereo?
No, le protesi mammarie moderne non possono scoppiare durante un volo in aereo. Questo mito nasce dagli anni ’60, quando alcune protesi venivano riempite con aria o materiali più instabili. Tuttavia, le protesi utilizzate oggi sono realizzate con silicone o soluzione salina e sono completamente solide, non subiscono variazioni di volume a causa dei cambiamenti di pressione atmosferica. Inoltre, la tecnologia utilizzata nella loro fabbricazione è altamente avanzata e garantisce una resistenza elevata a eventuali stress fisici. Che si tratti di volare, fare immersioni o vivere a quote elevate, le protesi non sono influenzate dalle variazioni di pressione.